“Imparare a tradurre e imparare a essere traduttori: è la stessa cosa?
No, forse non è la stessa cosa, perché “essere traduttori” comporta anche una dimensione esistenziale fatta di solitudine, routine e dubbi amletici, e comporta anche l’impagabile privilegio (se si è abbastanza fortunati) di poter vivere momenti di vera attenzione, momenti che per come la vedo io sono i più preziosi che si possano vivere.”
dalla conversazione tra Federica Arnoldi e Norman Gobetti, traduttore italiano per Einaudi, di Philip Roth, Martin Amis, Pete Dexter, Philip Gourevitch, Aravind Adiga e Mohsin Hamid, e, per Neri Pozza, di Uzma Aslam Khan e (insieme ad Anna Nadotti) Amitav Ghosh; dal sito Doppiozero